La ventricina del vastese continua a far parlare di sé: nella rubrica “Sapori” del quotidiano “La Repubblica”, dedicata al meglio della cucina italiana, trova spazio un approfondimento dal titolo “A passo lento in Abruzzo” sulle pietanze tradizionali della nostra regione, tra cui spiccano le sise delle monache, gli ‘ndurciullune di Lanciano, il fiadone dolce, la capra alla neretese e, naturalmente, la ventricina del vastese. Il salume il cui nome è un chiaro richiamo allo stomaco del maiale (il ventre) che veniva utilizzato per l’insaccatura è diventato uno dei simboli della cultura culinaria abruzzese e ha ricevuto numerosi riconoscimenti come prelibatezza d’eccellenza, distinguendosi in modo particolare al Campionato Nazionale del salame, dove ha ottenuto il primato nelle edizioni del 2009, 2016 e 2017.

La Guida del giornale romano ricorda la procedura per la preparazione di questo prodotto unico nel suo genere, costituito per l’80% da tagli magri e per il restante 20% da pancetta e grasso di prosciutto: “Le carni vengono tagliate al coltello in cubetti che variano dai 2 ai 4 centimetri, per una composizione a grana grossa che rende riconoscibili al taglio finale gli elementi che la compongono, compresi i pezzi di grasso. Delicate e fondamentali sono l’essiccatura e la tostatura del peperone dolce rosso, perché in questi passaggi è racchiuso il segreto di un gusto e di un aroma riconoscibili ma al contempo non definibili come “piccanti”. L’impasto viene insaccato in vesciche o budelli di maiale, lavati e lasciati deodorare in acqua con aceto, buccia d’arancio, aglio e alloro. La stagionatura può variare da un minimo di 100-120 giorni fino a 8 mesi.

Fonte: https://www.vastoweb.com